La città vecchia è lo spettro della nostra coscienza, la tinozza in cui ogni volta si liberiamo dal rimorso per averla ridotta così. Muore un po’ alla volta. Accade ogni volta che questa città spera di poter riprendere a sognare, ogni volta che in campagna elettorale si lanciano proclami sul patrimonio di pietre e persone che è l’isola per poi non cambiare nulla, ogni volta che qualche candidato dimentica di avere in coalizione o tra le fila dei propri sostenitori qualcuno di quelli che oggi la Guardia di Finanza ha raggiunto con provvedimento cautelare con l’accusa di aver realizzato, in concorso con dirigenti di enti pubblici, ristrutturazioni inesistenti per 725 mila euro.
Questa è la vergogna più grande che fa affondare nelle sabbie nobili dei “soliti noti” ogni buon proposito sul futuro di questa città e offende una categoria, quella dei lavoratori edili, che strozzati ormai da troppi anni dalla crisi non vede l’ora invece di realizzarle davvero quelle ristrutturazioni o quelle opere di messa in sicurezza che salverebbero loro, le loro famiglie, e un pezzo importante del valore di questa terra. Dal 2008 al 2014 a Taranto si sono persi 5mila posti di lavoro e 700 addetti sono usciti dal ciclo produttivo dell’ILVA, e l’illegalità e le corruttele rischiano di farci precipitare ancora di più nel baratro della crisi.
Da segretario generale della FILLEA CGIL, sento il dovere di condannare pubblicamente queste pratiche, e chiedere un decisivo cambio di rotta nell’amministrazione pubblica che verrà, cominciando da un più pressante lavoro di legalità e trasparenza così come auspicato nel Protocollo di legalità che chiediamo ancora una volta al Prefetto di voler indicare come mappa d’azione delle prossime settimane.