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EMERGENZA CALDO. LA CGIL PLAUDE AL COMUNE DI TARANTO

Nella città di Taranto stop al lavoro faticoso e esposto al sole nei giorni “torridi”. E’ quanto definisce un’ordinanza del Comune di Taranto che la CGIL considera una grande dimostrazione di attenzione e sensibilità nei confronti di una parte del mondo del lavoro a rischio e spesso soggetto al ricatto.
Ormai è noto, come confermato anche dagli organi di stampa e dai siti web di meteorologia, che Taranto ha il primato di “città più calda d’Italia”. L’indice di vivibilità climatica fotografa il benessere climatico dell’intera penisola e anche a fronte di questi dati e delle numerose sollecitazioni giunte dalla Fillea CGIL e dalle CGIL, il sindaco di Taranto per il secondo anno consecutivo con una specifica ordinanza in materia di igiene e sanità pubblica, interviene a salvaguardia dei lavoratori esposti agli effetti del caldo eccessivo di queste settimane, attraverso l’applicazione del progetto “Worklimate 2.0” visibile sul sito www.worklimate.it che vede l’INAIL e il CNR in prima linea.

Il divieto di attività all’aperto espresso con un’ordinanza comunale che abbiamo fortemente richiesto al Sindaco di Taranto, rappresenta su base nazionale una buona pratica. A tal proposito chiederemo che tutti i comuni della Provincia possano adottare analogo provvedimento. In queste ore invieremo formalmente l’invito a farlo a tutti i sindaci del territorio – commenta il segretario generale della CGIL di Taranto, Giovanni D’Arcangelo – L’ordinanza del Sindaco di Taranto dimostra la vicinanza dell’ente comunale verso chi lavorando nei campi, nei vivai, o nei cantieri edili, nei servizi di pulizia e nello smaltimento dei rifiuti deve essere tutelato dal rischio di gravi malori o peggio da decessi improvvisi.

E’ un atto che ci consente di dare alcune risposte al settore dell’edilizia – commenta il segretario generale della FILLEA CGIL di Taranto, Francesco Bardinella – che deve essere di esempio anche per il governo nazionale che latita nonostante sia stato da noi invitato a battere un colpo e a dare una risposta concreta ai lavoratori esposti al rischio climatico della stagione estiva, perché se non riusciamo a cambiare le modalità organizzative e protettive per chi è direttamente esposto al sole, aumenteranno notevolmente sia il rischio del colpo di calore, e quindi di un infortunio (spesso mortale), sia il rischio di malattia professionale. Per questo serve un intervento normativo su base nazionale per l’accesso, ad esempio, alla cassa integrazione per eventi climatici fuori dal contatore delle 52 settimane. Infine, ci aspettiamo che le imprese rispettino puntualmente le prescrizioni contenute nell’ordinanza e che le stazioni appaltanti vigilino conseguentemente, considerando anche un eventuale ritardo nello svolgimento dei lavori”.

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