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Municipalizzate Taranto. Peluso: “Più dei nomi ci interessano le mission che vengono a compiere”

Le polemiche di questi giorni attorno alle nomine dei presidenti delle società partecipate del Comune di Taranto sono la punta di un iceberg che invece andrebbe indagato non solo dal punto di vista procedurale, così come è accaduto per il “caso Fazioli”, ma ritornando all’origine di quei percorsi decisionali su cui è opportuno ricordare il Sindaco e la sua giunta hanno pieni poteri. Non ci appassiona il dibattito sui nomi quanto invece quello sulle mission che questi uomini sono chiamati a compiere.

Così il segretario generale della CGIL di Taranto, Paolo Peluso, all’indomani della decisione di Roberto Fazioli di rinunciare alla carica di presidente di AMAT.

Il rapporto di fiducia tra amministratori e tecnici è un dato fondamentale, così come lo è la questione etica – spiega Peluso – ma la cosa che più ci preoccupa è l’assenza di un dibattito diffuso, non solo sulle carte e i curricula, quanto sulle esperienze in correlazione ai mandati che devono essere il frutto di una idea precisa che l’amministrazione ha ad esempio sulle politiche della mobilità o della gestione dei rifiuti.

Figure di indiscusso profilo etico, dunque, ma soprattutto professionisti chiamati a perseguire un obiettivo che però nessuno conosce.

La mobilità urbana, quella sostenibile, quella che recupera spazi e tempi della città, così come le modalità per la raccolta della frazione urbana dei rifiuti, o addirittura l’ipotesi di un ciclo che conduca ai rifiuti zero hanno bisogno di un piano d’azione che la giunta deve aver indicato come missione aziendale, incaricando poi i tecnici e gli esperti per l’individuazione della metodologia – dice Peluso – ma noi l’obiettivo non lo conosciamo, anche se come rappresentanti dei lavoratori probabilmente saremo costretti a subirlo quando ormai la macchina sarà stata messa in modo.

La CGIL rilancia quindi il tema del confronto.

Vorremmo poter debellare ogni alibi – sottolinea il segretario della CGIL – perché questa volta se le politiche di settore dovessero fallire non vorremmo che si imputassero colpe ai lavoratori di quella categoria. Tanto vale allora ricominciare da capo e pianificare insieme alle nomine nei cda anche le opportune valutazioni da compiere sulla struttura di quelle aziende e della loro forza lavoro. Un confronto che ci consentirebbe di poter pianificare assieme correttivi e metodologie condivise partendo anche dagli strumenti della contrattazione aziendale. La CGIL è pronta a dare il suo contributo. Attendiamo segnali.

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