RIDER. La CGIL chiede tavolo di confronto per il settore del food-delivery

Il fenomeno è figlio di questi tempi e delle pressioni negative che la pandemia esercita sul mondo della ristorazione, ma proprio per questa ragione non va persa la stella polare del lavoro regolare e le aziende del settore, vanno messe nelle condizioni di poter lavorare con rispetto delle norme e dei contratti e registrare anche un margine dignitoso di profitto.

Così la segreteria generale della CGIL di Taranto, che insieme alla categoria NIDIL, in queste ore ha scritto al Prefetto e all’Ispettorato del lavoro per una verifica puntuale delle condizioni di lavoro dei cosiddetti rider: i fattorini che in moto, bici e a volte in auto consegnano il cibo a domicilio.

Si tratta però in molte città del Sud, Taranto compresa, di una condizione bifronte – spiega Daniele Simon, segretario del NIDIL CGIL di Taranto – abbiamo ad esempio a Taranto, da una parte 16 rider ufficiali che lavorano per piattaforme internazionali come Glovo, Just Eat o Deliveroo, e dall’altra uno stuolo di rider non ufficiali che in molti casi lavorano in nero, senza tutele e spesso neanche in grado di garantire le condizioni di sicurezza della sanità pubblica che l’attuale pandemia impone.

Il food-delivery però è giusto ricordarlo è una necessità dettata dalle misure di distanziamento sociale previste dai DPCM governativi – spiega il segretario generale della CGIL di Taranto, Paolo Peluso – una condizione imposta, che se da una parte non può e non deve generare lavoro sommerso e illegale, dall’altra diventa una scialuppa di salvataggio per la piccola e media ristorazione che oggi vive una condizione di estrema criticità. Invochiamo pertanto una soluzione che, anche attraverso forme di sostegno economico, prenda in considerazione tutti i diritti in campo:

quello dei lavoratori ma anche quello delle aziende che scelgono il lavoro regolare.

Parliamo di un settore, quello del personale per la consegna a domicilio, già fortemente precario – dice ancora Simon – che in questi giorni ha finalmente messo in discussione il contratto nazionale capestro firmato tra Assodelivery e l’UGL, e che dopo aver visto crollare introiti e tutele deve finalmente superare l’assurdo principio del cottimo che al Sud sconta anche la concorrenza sleale del lavoro nero, fatto ad esempio di pochi centesimi a consegna.

La CGIL di Taranto pertanto scrive alle istituzioni territoriali deputate al controllo al fine di convocare un tavolo di discussione anche con le Associazioni di categoria della ristorazione, che serva anche ad evitare “il rischio di interposizione illecita e quello di lavoro sommerso o irregolare”, ma anche per mettere in atto tutti gli “strumenti efficaci” per sostenere i rider e l’economia legale del settore di riferimento.

Tutte le attività commerciali, che siano della ristorazione ma anche di altri codici ATECO, che in questo momento producono lavoro regolare, applicano contratti, assumono direttamente o si rivolgono a piattaforme di intermediazioni, vanno sostenute – dice Peluso – e per questo sarà utile chiedere strumenti di sostegno economico adeguato per rispondere alle esigenze di questo settore e interrompere la spirale del lavoro al ribasso.

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