Sciopero in Acciaierie d’Italia. Il racconto di una fabbrica in eutanasia dalla voce del sindacato e dei lavoratori

E’ pienamente riuscito lo sciopero di 24 ore dei lavoratori dello stabilimento Acciaierie d’Italia di Taranto, di ILVA in As e dell’appalto. Insieme ai lavoratori i sindacati di categoria dei metalmeccanici, dei chimici, degli edili, del settore trasporti, dell’appalto pulizie e somministrati aderenti alle categorie di CGIL, CISL e UIL.

Bloccati tutti i varchi di accesso alla fabbrica che proprio questa mattina, su invito dell’Ad Morselli, si apprestava ad incontrare fornitori e investitori nello Steel Commitment 2023, il terzo incontro di un roadshow commerciale di Acciaierie d’Italia.

“Come si fanno ad incontrare fornitori e clienti nella condizione attuale della fabbrica – si chiede Francesco Brigati, segretario generale della FIOM CGIL di Taranto – La situazione è disastrosa con il minimo storico di produzione, cassa integrazione e nessuna certezza sulle prescrizioni ambientali. La soluzione – continua – non è quella di dare ulteriori risorse pubbliche a chi ha già prodotto questi risultati. Se Taranto è un sito di interesse strategico il Governo lo dimostri con i fatti”.

Francesco Brigati – Segretario FIOM CGIL Taranto

“Dopo l’incontro a Palazzo Chigi di ieri si torna indietro – dice Giuseppe Romano, segretario regionale della FIOM CGIL Puglia – Ora il Governo annuncia anche l’ennesima trattativa con Arcelor Mittal, è evidente che non ci sono più le condizioni per portare avanti così questo stabilimento e noi non ci renderemo complici di questa eutanasia”.

Giuseppe Romano – segretario FIOM CGIL Puglia

Fuori dalle portinerie parlano anche i lavoratori della più grande acciaieria italiana. Temono ormai il punto di non ritorno dopo aver visto sfumare tutte le ipotesi di rilancio della fabbrica.

“Ormai lavoriamo a chiamata, sembriamo lavoratori stagionali – dicono – nella fabbrica regna l’incertezza e non tutto sta cadendo a pezzi. Anche i ricambi sono presi dai mezzi in avaria”.

Poi la paura più grande che riguarda il rischio di infortuni gravi sul lavoro, nella fabbrica che in questi anni ha già visto cadere al suolo i corpi di operai diretti e dell’indotto.

“Noi ormai preghiamo che non succeda una tragedia grossa – dice uno di loro – per questo chiediamo al Governo di farci sapere se la svolta è vicina oppure no”.

Fabio Cocco – operaio Acciaierie d’Italia

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