E’ il tempo della responsabilità e forse dobbiamo avere il coraggio di dire che non è solo la grande industria a creare marginalizzazioni rispetto ai modelli produttivi, ma anche una scarsa propensione degli attori locali a dotarsi di infrastrutture mentali che dovrebbero farci abbandonare la “sindrome degli inseguitori”.
Il segretario della CGIL di Taranto, Paolo Peluso, mette in discussione gli stessi modelli relazionali della realtà locale e prova a smuovere le acque “non per mero spirito polemico, ma con l’intenzione di creare un humus diverso tra i tanti protagonismi territoriali”.
L’occasione è fornita dalle notizie che la holding friulana della Cimolai ha fatto circolare rispetto ai lavori della copertura parchi dell’ILVA.
Sappiamo delle info tecniche che riguardano la monumentale opera, ma fondamentalmente sappiamo poco delle ricadute economiche produttive di questo investimento – dice Peluso – sappiamo che l’acciaio che sarà utilizzato sarà quello tarantino (mi meraviglierei del contrario), ma sappiamo anche che dovrà farsi un po’ di chilometri via terra o via mare, per essere adeguato alle funzioni desiderate dalla Cimolai per l’opera della copertura parchi. Non sarà dunque lavorato a Taranto, e a lavorarlo non saranno ne imprese, ne lavoratori tarantini. Andrà probabilmente in Friuli dove aziende ad alta specializzazione lo faranno producendo lì ricchezza e benessere.
Secondo la Cimolai infatti le 60mila tonnellate di acciaio che serviranno per la copertura dei parchi minerali dell’ILVA necessiterebbero di imprese con capacità produttive per circa 150mila tonnellate l’anno. Una carta d’identità che sembra non essere presente nell’anagrafe produttiva territoriale.
Mi chiedo come si faccia a non riconoscere questo nostro inevitabile limite – spiega Peluso – che non è solo il limite di un comparto produttivo, ma anche la miopia di tutti gli attori istituzionali e sociali territoriali che da circa sette anni conoscono l’esito di una gara che assegnava proprio alla Cimolai il compito di questi lavori.
Si tratta di un esempio soltanto – dice ancora il segretario della CGIL di Taranto – non di una accusa mirata. Piuttosto l’ammissione di una impreparazione generalizzata che oggi non possiamo più permetterci, e che invece abbiamo l’obbligo di superare, anche oltre i nostri protagonismi, per il bene del lavoro e del benessere locale. Una impreparazione che riguarda le parti sociali, il mondo delle associazioni di categoria e quello della politica che non possiamo più far finta di non riconoscere come vero elemento di disturbo al progresso di questa città e di questa provincia.
A livello regionale, come CGIL, CISL, UIL e Confindustria proprio per recuperare una visione d’assieme, anche se nella distinzione delle proprie posizioni, abbiamo lavorato ad un protocollo di intesa che non affronta solo le emergenze, ma propone anche un sguardo al futuro con una attenzione particolare verso le infrastrutture digitali e logistiche, l’industria creativa, il rapporto energia-industria e ambiente, ma anche le start-up innovative – dice infine Peluso – E’ il momento di programmare il lavoro possibile provando ad imporre un punto di vista e non a inseguirlo costantemente. Per questo mi rivolgo non solo a Confindustria ma anche a tutte le associazioni di categoria, agli ordini professionali e persino al mondo della formazione e della scuola. Attrezziamoci.