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D’Arcangelo (CGIL Taranto): Ecco il nostro autunno caldo tra lavoro vecchio e nuovo e diritti costituzionali da difendere

Il segretario generale della CGIL di Taranto, Giovanni D’Arcangelo, fa il punto della situazione alla ripresa delle attività lavorative e in vista di un settembre che si preannuncia caldo sul fronte delle vertenze territoriali.

Da cosa si riprende?

In realtà noi non abbiamo mai smesso di stare appresso a vertenze in cui a rischio non vi è solo questo o quello stabilimento produttivo e i relativi lavoratori. Basti pensare che spesso i colpi ferali di decisioni improvvide che hanno riguardato questo territorio venivano assunte a ridosso delle ferie estive, approfittando della distrazione di molti.

Ecco perché abbiamo continuato ad essere vigili e attenti, a cominciare dalla vertenza delle vertenze, quella che riguarda Acciaierie d’Italia, in cui ad oggi abbiamo un livello di investimenti ormai ridotti all’osso e in cui la produzione è ai minimi storici.

Su questa vertenza siamo molto preoccupati e non solo rispetto alla tenuta dei livelli occupazionali, ma anche sul rispetto stesso degli accordi che riguardavano la prospettiva green dell’intero impianto. Basti pensare che il progetto Dri Italia, per la realizzazione dei forni elettrici e degli impianti di pre-riduzione di fatto inizialmente finanziato nell’ambito del PNRR Italia, oggi subisce uno spostamento verso le risorse da intercettare nei Fondi di Coesione. Una decisione che sa di disimpegno. È come se la vertenza della più importante acciaieria italiana, una delle più grandi d’Europa, fosse più una questione di rafforzamento economico del territorio e non una vera e propria sfida globale rispetto agli impatti economici, sociali, ambientali e di salute per un impianto che risale al secolo scorso.

In più c’è la variabile tempo. Un progetto che si sarebbe dovuto chiudere entro il tempo breve di un biennio rischia di subire uno slittamento ulteriore di 4 o 5 anni. Tutta questa attesa non ha nulla di green, nulla di sostenibile.

Oltre ad Acciaierie d’Italia cosa tiene sui carboni questo territorio?

Le vertenze tarantine hanno tutte le caratteristiche di essere cronologicamente figlie di un modello di sviluppo ormai passato, per certi aspetti obsoleto, superato, e tutte hanno la virtuale potenzialità di una riconversione che al di là di tutti i proclami green, resta inespressa.

Guardi adesso la vertenza Cemitaly ex Cementir. Uno stabilimento per la produzione del cemento di alta qualità che da alcuni anni è fermo sul binario morto della chiusura e della cassa integrazione che peraltro scade il prossimo 1 settembre (guarda anche il video della conferenza stampa di inizio anno della CGIL di Taranto davanti all’ex Cementir)

Lì, come CGIL, grazie alla FILLEA avevamo individuato il finanziamento destinato alle strutture industriali dismesse da candidare a siti per la produzione di idrogeno verde.

Si era arrivati anche a intendimenti comuni approdati fino alla Regione Puglia a cui avevamo chiesto ormai quasi tre mesi fa un incontro per parlare degli insediamenti collegati alla produzione di questo nuovo vettore energetico e degli investimenti già individuati nell’ambito delle schede PNRR. Ma ad oggi tutto tace.

Poi c’è la vertenza Albini. Anche qui “riconversione” è la parola d’ordine. Dopo due anni di travagliato percorso questa crisi industriale potrebbe risolversi positivamente con l’offerta di Ekasa. E poi c’è l’altra vertenza che dura da anni, quella di Natuzzi, per cui dovremo monitorare gli effetti del contratto di espansione che abbiamo sottoscritto a luglio.

Difendere l’esistente e attivarsi per il futuro?

Il sindacato non può più solo giocare in difesa. In questi anni abbiamo concentrato tutti i nostri sforzi sul fronte di una trincea sempre molto difficile e cruenta sul piano della moria di posti di lavoro, ma non possiamo dimenticarci che il futuro si costruisce nel presente seminando modelli ma anche strumenti di sostegno sociale, demografico, educativo. Il sistema non regge se continuiamo a definanziare istruzione, assistenza sociale, sostegno ai fragili, agli anziani, alle famiglie o ad esempio alle donne vittime di violenza. O se lasciamo che il fenomeno dell’immigrazione resti tale e non un asset di sviluppo concreto da sfilare dalle mani dei comitati d’affari o della malavita. Ambiti di intervento che meritano di essere sostenuti dal Pubblico per garantire accessibilità, trasparenza e lavoro di qualità.

Poi c’è la prospettiva economica e produttiva. Le risorse pubbliche, il Just Transition Fund o le opportunità offerte dalla ZES dell’area di Taranto, a cui partecipiamo con il gruppo di lavoro coordinato dalla commissaria Gallucci.

Ci sono imprese che si stanno affacciando sul territorio e vogliono fare investimenti con ricadute occupazionali concrete, ma la transizione come abbiamo ribadito più volte, non può essere solo economica, va indirizzata opportunamente sulla qualità complessiva del benessere comune, concretizzando un nuovo umanesimo del lavoro.

Nell’ultimo Congresso della CGIL di Taranto che ha decretato la sua elezione parlavate proprio di “Transizione Umana”. Intende questo?

Se un lavoratore o una lavoratrice, pur lavorando restano poveri, non riescono a curarsi (leggi anche La Piattaforma Sanità presentata da CGIL, CISL e UIL all’ASL di Taranto) , ad avere una abitazione stabile, o accedere ai servizi pubblici, è chiaro che quello per noi non è sviluppo e quindi non c’entra solo il lavoro che fai, ma che vita sociale, attiva, responsabile riesci a vivere nella tua comunità. Se ci riflettete sono lì anche le cause della disaffezione al voto, complessivamente alla partecipazione e alla rappresentanza.

Dove ci sono diritti lavorativi, sociali, umani da difendere è giusto che il sindacato sia lì.

Sono i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione che oggi sono messi in discussione e insieme al lavoro precario, diventa precaria anche l’esistenza. Per questa ragione il 7 ottobre abbiamo annunciato una mobilitazione nazionale a Roma. Per segnare una via maestra fondata sulla giustizia sociale e la partecipazione democratica che delinea il futuro sostenibile della nostra nazione o di ogni singolo pezzo d’Italia.

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