Nella giornata di festa per il Corpo della Polizia Penitenziaria, qui non c’è niente da festeggiare.
A dirlo ai cronisti è stato questa mattina il segretario della FP CGIL di Taranto, Cosimo Sardelli, insieme a un gruppo di agenti di polizia penitenziaria che davanti alla Casa Circondariale Carmelo Magli di Taranto, hanno messo in atto un sit in di protesta.
Sono i lavoratori a stretto contatto con il mondo dei detenuti, in questa struttura stipati in 554 a fronte di una capienza regolamentare di 315.
Un clima che quotidianamente si trasforma in una polveriera esplosiva – dicono i lavoratori – perché questo sovraffollamento, questa continua condizione di ressa all’interno delle ale detentive si trasforma spesso in violenza, in aggressioni nei confronti del personale e addirittura, nei casi più gravi, in forme di autolesionismo o suicidio tra i detenuti.
Una condizione che oggi gli agenti iscritti alla FP CGIL e una delegazione di lavoratori iscritti all’OSAPP e al SINAPPE, hanno denunciato, riportando nuovamente all’attenzione della stampa quanto già esposto in numerosi documenti alla direzione del carcere di Taranto e al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria di Bari.
Così mentre il carcere di Taranto vive giorni caldi a fare da argine a questa condizione vi sono solo 277 agenti previsti da una pianta organica tarata su una capienza di 315 detenuti.
Ne ospitiamo mediamente oltre 500 – dicono gli agenti – oggi all’interno del Carmelo Magli ce ne sono per l’esattezza 554, e a loro risponde un corpo di polizia penitenziaria a cui non viene assicurato un adeguato trattamento di dignità nelle condizioni di lavoro.
Da contratto gli agenti dovrebbero svolgere 6 ore di lavoro al giorno, ma in realtà non ne fanno mai meno di 8, e per coprire la carenza di personale svolgono lavoro straordinario mensile che arriva fino a tetti di 90 o 100 ore (di cui solo 41 regolarmente pagate).
Non possono permettersi neanche riposi compensativi – dice Sardelli – perché quel sottodimensionamento di organico lo rende praticamente impossibile. Senza contare gli agenti di servizio per il nucleo traduzioni costretti a viaggiare verso altre strutture carcerarie per trasferimenti di detenuti e poi all’indomani costretti ad orari di servizio regolari. Ci attendiamo che questa battaglia di dignità per lavoratori e detenuti venga nuovamente assunta da tutte le istituzioni carcerarie coinvolte ma anche delle forze politiche che hanno il dovere di andare oltre queste mura e guardare in faccia la sofferenza che qui siamo costretti a registrare.